di Luigi Centauri, presidente CAPOL

 

Olio extra vergine di oliva. Una preposizione e quattro parole per identificare uno dei prodotti simbolo della dieta mediterranea. Su olio e oliva c’è poco da spiegare mentre qualche riga si deve spendere invece sulle altre due. Perchè l’olio è vergine? Perchè è ottenuto solo con procedimenti meccanici, bandita è la chimica durante l’estrazione. Anche oggi che la tecnologia ha fatto grandi passi in avanti, ottenere un olio di oliva non è altro che fare una spremuta di olive. Perchè è importante sapere questo? Perchè nei supermercati è facile imbattersi in prodotti che contengono olio di oliva e non extra vergine.

Sembrano simili ma in realtà quello che li accomuna è solo la materia prima. L’olio di oliva infatti è un olio che ha subito un processo di raffinazione a cui poi è stato aggiunta una parte di olio vergine. Durante questo processo molte delle sostanze benefiche per la salute vanno perse. Veniamo alla seconda domanda: perchè extra vergine? Perchè da un frantoio possono uscire tre tipi di olio: Un buon olio, un olio medio e un olio non utilizzabile in cucina, ossia un olio che deve essere raffinato per essere commestibile detto lampante (buono appunto per illuminare non per alimentare).

L’olio medio, che può avere dei parametri chimici  non eccellenti e/o lievi difetti organolettici, è chiamato olio vergine; l’olio migliore è invece l’extra vergine, un olio che tra l’altro presenta difetto alcuno al naso e alla bocca.  Quest’ultimo è, per la legge, il massimo che si possa trovare in commercio, in realtà le cose stanno diversamente. Premesso che l’olio è per il 98-99% formato da trigliceridi, quindi grassi, ci può essere una grande differenza tra extra vergine ed extra vergine. Le sostanze responsabili dei profumi, gli antiossidanti, si trovano nella restante parte, in quel 1-2% chiamato frazione insaponificabile. Il contenuto di polifenoli, gli antiossidanti naturali di cui si parlerà molto nel resto della pubblicazione, può variare ad esempio da 60 a oltre 600 mg/kg.

È facile intuire che maggiore è la concentrazione di tali sostanze, maggiore sarà il beneficio che se ne trarrà dal consumo. A questo punto è d’obbligo un’altra domanda: come si riconosce un olio di qualità? Sicuramente non leggendo l’etichetta, sono tutte uguali. Bisogna affidarsi ai propri sensi, all’olfatto e al gusto. La vista non gioca un ruolo importante: il colore non dice nulla sulla qualità dell’olio, giallo o verde che sia, può essere buono o meno buono. Per cogliere tutte le sfumature, per diventare assaggiatori esperti, c’è bisogno di formazione e tanto allenamento ma, anche non volendo intraprendere un percorso di studio, con qualche nozione è possibile orientarsi nel mondo dell’olio. Innanzitutto, un olio buono ha un buon profumo. Sembra scontato ma non lo è affatto. Molti infatti non conoscono il profumo di un olio buono.

Ricordano ad esempio l’odore dell’olio del nonno, dell’olio che si usava in cucina quando erano bambini, ma non è scontato che quell’olio era di qualità. È importante sottolineare infatti che genuino non è sinonimo di qualità dell’olio. Non perchè un olio è fatto in modo artigianale, da un produttore che conosce i suoi alberi uno ad uno, che molisce nel piccolo frantoio di paese, questo è sicuramente extra vergine. Ancora oggi molti commettono errori durante la raccolta, scelgono impianti di trasformazione obsoleti e ottengono degli oli che possono essere vergini o lampanti. Il consiglio quindi è, come primo approccio, di chiedere aiuto ad un esperto e scegliere un olio che ha ottenuto buoni piazzamenti nei concorsi. Il passo successivo è confrontarlo con un olio comprato in offerta al supermercato. Le differenze saranno evidenti.

Poi si potrà passare  all’assaggio dell’olio. Basta metterne un po’ in bocca e se l’olio è di qualità si avvertirà un gusto amaro e un piccante nella gola che possono essere anche molto pronunciati. Bene, lungi da essere difetti, queste sensazioni indicano che nell’olio sono presenti antiossidanti. Semplificando si può dire che maggiori sono questi sentori, maggiore è il contenuto di polifenoli. Quindi, se un olio è amaro è piccante, è un olio di qualità, non un olio da portare indietro al produttore. Facile vero? Se dopo questa esperienza il consumatore vorrà approfondire, per lui si aprirà un mondo. Di olivi ne esistono centinaia di varietà ed ognuna ha delle caratteristiche peculiari. Ci sono quelle che donano sentori di pomodoro, altre di mandorla, altre di carciofo, erba aromatiche e molto ancora. È necessaria una guida per cogliere questa sfumatura ma le occasioni di partecipare ad un corso non mancano. 

Concluso il discorso generale, parliamo brevemente dell’olio della provincia di Latina. Nell’area la varietà predominante è l’Itrana che si trova in pressochè tutti i comuni olivicoli dell’area. In passato era conosciuta soprattutto come oliva da mensa, la famosa oliva di Gaeta non è altro che un’oliva itrana completamente matura, quindi nera, deamarizzata prima con sola acqua e poi in salamoia. Già nel XV secolo era conosciuta fuori dai confini. Da circa un decennio sta facendo molto parlare tra gli ­addetti ai lavori anche l’olio ottenuto dall’itrana. Regolarmente produttori locali salgono sui podi dei più importanti concorsi nazionali.

Quando le olive vengono raccolte precocemente, ossia non ancora completamente mature, donano un olio dalle caratteristiche di pregio che può essere apprezzato sia dagli esperti che dai consumatori. Al naso spicca un sentore di pomodoro verde molto accentuato che si accompagna da un livello medio alto di profumi in generale. Alla bocca il sentore è ancora evidente e si accompagna a note di amaro e piccanti decise ma mai troppo pronunciate. Segno questo che la concentrazione di polifenoli è importante ma non tale da comprometterne l’uso in cucina. Quando si valuta un olio, quando si sceglie un olio per la cucina, bisogna cercare un compromesso tra le qualità salutistiche e quelle organolettiche. In commercio si possono trovare oli con concentrazioni altissime di polifenoli ma che al gusto risultano molto amari e piccanti rendendone difficile l’uso. Il sapore del cibo infatti risulta alterato.

Come in tutte le cose quindi, la scelta migliore sta nel mezzo: per un utilizzo quotidiano è bene scegliere un olio mediamente amaro e piccante capace di garantire il giusto apporto di antiossidanti senza  compromettere il gusto degli alimenti. L’olio di itrana risponde a queste caratteristiche.